martedì, aprile 4

film la pazza gioia



Lo ammetto sono di parte. Amo il cinema di Virzi, soprattutto la sua capacità di dare profondità ai personaggi e come vengono diretti.
Sotto trovate il link, a fine articolo, il resto è tutto spoiler. Per i più scafati diciamolo chiaramente, è una recensione.


Questo è un film on the road, dal punto A sino a quello B dove le due principali attrici, Beatrice ( Valeria Bruni Tedeschi) e Donatella (Micaela Ramazzotti) si svelano lentamente, sino a scoprire di volersi bene, quel bene profondo che è sia bisogno reciproco che voglia di condividere.

Il punto di partenza è una comunità psichiatrica, dove viene toccato il delicatissimo tema della fragilità mentale, così ben osservato che agli attori vengono mescolati veri pazienti, sempre in bilico tra una vita fatta per proteggere loro dal mondo e lo spiraglio per aprirsi attraverso di esso.

Proprio da questa possibilità di interagire con l' esterno della comunità che le due eroine, decise a prendere un autobus per tornare a casa, durante il tragitto allungano il viaggio sino a che non arrivano a vedere cosa ne sia stata della loro vita prima che si bloccasse nel disagio mentale.

La coppia è un classico in chiave psichiatrica. Beatrice e ciarlona, casinista, sbruffona e sembra avere la tendenza a millantare conoscenze altolocate, Donatella è silenziosa e schiva, sembra quasi che il contatto o lo sguardo altrui la feriscano, l' unica cosa che riesce ad ingerire in grosse quantità è il fumo di sigaretta.

L' una trascina l' altra, una il contrario dell' altra, affamate di vita, mentre Beatrice si ricongiunge al marito derubandolo, Donatella non aspira ad altro che riallacciare rapporti umani, con il padre inetto, con il figlio di cui a perso la patria potestà avuto da un uomo ancora più inetto del nonno materno.

Le figure maschili, anche quelle più di contorno, non ne escono positivamente, è un film al femminile, dove si dimostra che l' amore, quello vero, supera il genere, il desiderio sessuale, lo stato sociale da cui si parte, resta la mancanza dell' altro nella sua assenza.

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