giovedì, gennaio 16

donna in stato vegetale è tenuta in vita perché incinta




Ci sono persone che hanno un rapporto con la parte finale della vita molto più stretto di altri.

Categorie lavorative nello svolgimento delle proprie mansioni hanno diverse visioni dalla maggior parte dell'opinione pubblica, come nel caso dei paramedici, in particolare del signor Erick Munoz, la cui decisione di fronte allo stato vegetale della propria moglie è quello di staccare la spina.

Decisione difficile e fonte di discussione, quello che la rende ancora più difficoltosa e fonte di discussione è che Marlise Munoz nel momento del suo malore che l'ha portata alla morte aveva in grembo un figlio.




I medici di un ospedale del Texas si oppongono alla decisione del marito e della volontà della donna non più in vita ma attaccata artificialmente alle macchine per rispettare la legge secondo cui si proibisce ad una donna incinta di non avvalersi di un trattamento salva vita, il Texas Advance Directives Act.

Non conosco la legge e non posso analizzarla approfonditamente perché quello americano ha un sistema legislativo diverso, anche se esistono direttive universali che si applicano a stati di diritto della quasi totalità dei Paesi, almeno in quelli democratici o parzialmente democratici, le leggi che regolano la vita delle persone al decadere di tale stato cessano il proprio effetto.

Per questo i famigliari della donna si oppongono alla decisione, non solo perché aveva espresso la volontà di non essere mantenuta in stato vegetativo dopo la morte, ma perché appunto Marlise non si è trovata in una situazione di malattia terminale ma è clinicamente morta.

Secondo alcuni esperti si sta applicando la legge in maniera scorretta, perché la donna non ha possibilità di riprendersi, mentre i sostenitori della vita del futuro nascituro portano a difesa i dati della BMC Medicine, in trenta casi in trenta anni nel 19% di tale casistica portando avanti la gravidanza essa giunge a buon fine e si è poi sviluppato normalmente.

Ovviamente nessuno assicura che in questo caso ci troviamo nella forbice del 19% di riuscita nel raggiungimento della 24esima settimana di gestazione, che verrà raggiunta a Febbraio, altro motivo per cui il Signor Munoz si oppone a tale decisione; nel suo caso così particolare il cervello della donna è rimasto senza ossigeno, così come la vita nel suo grembo, rendendo difficile la possibilità che possa sopravvivere al parto o crescere sano.

Oltre al diritto della madre che non può più difendere la sua posizione ci si sta opponendo anche alla volontà del marito, che ha il diritto di dire la sua in una situazione del genere, si può essere concordi o meno, ma la legge, soprattutto di un Paese che si dice libertario ed attento alla volontà personale, che non lascia possibilità decisionale sulla crescita o meno di un futuro figlio è una norma dittatoriale.




6 commenti:

  1. Anonimo16:04

    È un argomento delicato Cavalier Amaranto,qui non c'è in ballo solo la sorte della donna ma anche di un piccolo essere umano che cresce.. Voi avreste il coraggio di spegnere la luce a un piccolino che non ha deciso lui di essere messo al mondo???

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    1. rispondo in ritardo ma rispondo, leggere quello che ha scritto Chiaradiluna rende appieno il mio pensiero. Siamo sulla stessa lunghezza d'onda.

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  2. Purtroppo la sorte della donna è certa: è morta. I medici evidentemente non sono in grado di capire se il bambino sia vivo o meno e che danni abbia riportato.
    La scelta è sicuramente difficile, e mi dà da pensare che il padre stesso chieda che venga staccata la spina, sia perché non credo che rinuncerebbe a priori al figlio, sia perché è un paramedico e qualche nozione (e tanta esperienza) sugli esiti di queste disgrazie ce l’ha.
    Certo è che, da come la storia è stata raccontata, i medici non stanno applicando la legge ma solo impedendo che la volontà di quel uomo (e, sempre da quanto detto, della moglie) sia rispettata.
    Poi, fossi io a trovarmi in quella situazione, mi attaccherei fino alla fine alla speranza che il bimbo ce la faccia e che non abbia riportato danni. Per quanto improbabile possa essere.
    La speranza è rimasta sul fondo del vaso aperto da Pandora, per nostra fortuna.

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    1. "La scelta è sicuramente difficile, e mi dà da pensare che il padre stesso chieda che venga staccata la spina, sia perché non credo che rinuncerebbe a priori al figlio, sia perché è un paramedico e qualche nozione (e tanta esperienza) sugli esiti di queste disgrazie ce l’ha.
      Certo è che, da come la storia è stata raccontata, i medici non stanno applicando la legge ma solo impedendo che la volontà di quel uomo (e, sempre da quanto detto, della moglie) sia rispettata."

      Da un pensiero simile è partita l'impostazione del post, facile dire è una vita quando saranno gli altri a prendersene cura, ci troviamo di fronte a quello che si definisce un conflitto di diritti, quello del possibile nascituro, e quello dei parenti.

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  3. Personalmente, così a mente fredda, penso che anche io sarei per staccare la spina, dato che le probabilità che il bimbo sia sano sembrerebbero molto poche...
    Però è relativamente facile prendere una posizione quando non si è direttamente interessati... È anche difficile dire "mi attengo alla legge", dato che non stimo parlando proprio di pizza e fichi, ma della vita di persone, che cambierà irrimediabilmente in qualsiasi caso...
    Credo dovrebbero dare più poteri ai familiari, in questo caso... dato che è la loro vita ed essere stata sconvolta...
    Baci a tutti!

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    1. La pensiamo allo stesso modo direi.

      Baci.

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