martedì, gennaio 15

Masochista

MASOCHISMo














Mano a mano che vado scrivendo questo testo si arricchisce di nuovi capitoli, si inseriscono tasselli in cui mi rendo conto della vastità dei temi in esame, il masochismo e il dolore sono due argomenti implicanti molte branche dello scibile umano, per questo ho deciso di dividere il tutto attraverso diverse pubblicazioni frazionate nel tempo, confidando nel fatto che potrei aggiungere nuove parti anche quando esse fossero venute alla luce.

Ringrazio Alessandra per il suo supporto e la pazienza con la quale mi ha aiutato nella stesura di quello che leggerete, compagna, amica, impareggiabile stimolo al miglioramento e alla perfezione.

La seconda parte riguardante il dolore e piacere nel dolore è fruibile cliccando il link.

Questo è sicuramente il post più difficile che mi accingo a scrivere, coadiuvato da alcune informazioni reperibili anche su internet di cui riporto il link in fondo, vorrei rendere chiaro l’aspetto più controverso ed incomprensibile a coloro che esternamente per qualsiasi motivo fuori dalla cerchia degli abituali vengono a contatto con il BDSM, il rapporto piacere e dolore, masochismo e soddisfazione, quale correlazione ci sia.

Come già detto il dolore è solo una componente non necessariamente presente nei rapporti di dominazione, è una parte spesso rappresentata o vissuta ma escludibile ( leggere QUI ) ma nel caso lo si volesse affrontare perché inserire qualcosa che è agli antipodi del piacere? 

Perché contrariamente a quello che si pensa questi due aspetti contrastanti sono molto vicini, ed è proprio da questa idea che sia sgradevole  la maggior parte dei pregiudizi si formano attorno a chi ricerca una sessualità diversa, che viene percepita come devianza, qualcosa da curare e non da vivere.

Chiarisco subito che l’aspetto patologico esiste, ma ormai viene considerato malato quando è esclusivamente l’unico mezzo attraverso sui si riesce ad ottenere un rapporto intimo soddisfacente, quando è correlato con la violenza fine a se stessa, nel caso in cui si viva come complementare non è più considerato una parafilia da curare almeno dal 1994;[1] purtroppo questa convinzione diffusa che non esiste una parte sana  nasce da pubblicazioni scientifiche vecchie di due secoli, dove anche nel caso di studi nostrani sulla sessualità si ebbe l’accostamento del sadomasochismo addirittura con il vampirismo[2], che la Caldea o più precisamente Babilonia fu la culla del primo focolaio del pervertimento, riconoscibile successivamente in tempi e luoghi storicamente precisi, provenienti magari dall’ isola di Lesbo e Mileto[3].Studi oscurati dalla visione maschilista che vuole la donna fautrice di comportamenti osceni come il palpeggiamento dei ragazzi e la loro masturbazione[3][4]

Purtroppo è più semplice etichettare come diverso che approfondire seguendo un’idea sedimentata nel tempo; adesso piano piano stiamo vedendo la luce, ma è ancora molta la strada da fare, mentre ormai è universalmente accettata la masturbazione non più considerata come devianza[5], così non è per i giochi di dominazione.

Da evitare assolutamente le pratiche che prendono in considerazione la sensazione di male fisico quando siamo di fronte a patologie croniche o dolori costanti, che lo rendono troppo prolungato o percepito in maniera errata (peralgesia, Iperpatia ad esempio) anche di natura psicologica ma che individua problemi fisici specifici(fibromalgia  sempre come esempio) come è da evitare che durante il gioco sessuale si ripetano scene o atti in correlazione ad abusi subiti anche come forma di terapia atta al superamento del trauma.
Ovviamente nel novero inserisco tutte quelle problematiche mentali e comportamentali date da un disagio, nel qual caso tali persone dovrebbero astenersi.

Rispettare SEMPRE i principi del  sano, sicuro, consensuale. Usate la safeword e ricordate che a prescindere da quanto da me scritto siete solo voi i responsabili delle vostre azioni, le mie sono solo indicazioni di massima.
Desert

Masochismo
Quando si veste il ruolo di dominato la personificazione svolge un ruolo fondamentale, una proiezione mentale che si ottiene del proprio io e delle cose o persone che ci circondano attraverso la rappresentazione approssimata verso cui sviluppiamo reazioni, sentimenti, idee, in base al modo abituale con cui vi ci relazioniamo.[6] Investendo l’altro o altra del ruolo di “controllore e guida” e interagendovi esso lo diventerà, portandoci ad accettare comportamenti che altrimenti potremmo ritenere inammissibili da altri, credo che questo influisca fortemente sull’accettazione del male fisico e della sua percezione come dell’umiliazione.

Secondo H.S. Sullivan   sviluppiamo un sistema basato sull’ autostima che decresce o aumenta in base ad un sempre più articolato binomio “punizione-premio”, l’elevazione o la diminuzione di un sentimento come l’autostima così gradevole migliora i rapporti interpersonali ed aumenta la sicurezza verso l’altro.[7] 
Questo schema semplice si ripete sempre dato che i due svolgono ruoli ben precisi, quello di creare delle difficoltà attraverso un ordine o atto di sottomissione e quello di superarle per ottenere la ricompensa, formata dalla semplice espressione di stima o da qualcosa di soddisfacente anche sul lato fisico.

  Proprio su questo punto si forma uno dei più grandi fraintendimenti tra i neofiti o chi interpreta male il masochismo, la convinzione che per mantenere lo stato delle cose si debba rincorrere  necessariamente ostacoli più grandi. Facendo un esempio e come se dicessi che un’atleta deve iniziare con i 200 metri, passare ai 400, poi alla corsa ad ostacoli…Ecc. Ecc. Ovviamente bisogna sperimentare ma una volta trovata la propria dimensione che soddisfa entrambi nessuno vieta che vi si resti, ritenendola comunque appagante senza la necessità di passare a pratiche sempre più difficili o cruente, svilenti; proprio come il corridore professionista troverà stimolante gareggiare per la propria disciplina. Quello che poi riteniamo essere troppo degradante o inaccettabile cambia da persona a persona in ambito sessuale o relazionale, per alcuni/ne la fellatio o il cunillingus (signori e signore pompini e leccate di fica) sono pratiche sgradevoli anche perché atti di sottomissione, per altri/tre farsi pisciare sulle tette è un regalo insperato, il mondo è bello perché è vario.

Una delle prime studiose moderne del fenomeno masochista al maschile Dorothy Hayden, psicoterapeuta, giunge alla conclusione che questo desiderio risponde a tre bisogni fondamentali, il ritrovamento di un “sè” più profondo o il momentaneo distacco dai ruoli sociali, il lato ludico della ricerca ed il nuovo equilibrio. Per ritrovare una parte che ci appartiene più profonda si lascia la cura del proprio io, ci si deresponsabilizza liberandosi di quei ruoli societari che vengono imposti e scegliamo in base a quello che decidiamo e riusciamo ad essere, ricoprendo per convenienza le nostre emozioni con una personalità posticcia:

“Il sè posticcio…la maggior parte dei genitori richiedono ai propri figli di comportarsi in maniera accettabile per ottenere il loro amore, per un bambino l’amore dei genitori è uno dei fattori di sopravvivenza  e per questo proietta un altro sè stesso accettabile costruendo una sorta di armatura”.
Arrivando al risultato che come l’omosessualità l’impulso masochistico altro non è che uno stato, che come tale dovrebbe essere accettato.[8]

Ovviamente non mancano le pubblicazioni che considerano questo impulso come il desiderio di punizione per un senso di colpa, come forma di espiazione, cattiva percezione del rapporto.

Tra queste sono molte quelle che trattano il rapporto delle donne in età infantile e la figura del pene, ritenuta invasiva e portatrice di coito sadico, "fantasie" avulse dalla realtà ma nate dalla percezione del membro maschile nella madre[9]

Secondo gli studi di Kleim M., si forma nella donna l’immagine idealizzata del “pene buono e del pene cattivo” dove il pene cattivo è inteso come lo strumento estraneo che fruga, invade, corpo estraneo, sempre secondo la sua teoria alcune donne sono portate a scegliere la parte cattiva in base alle esperienze precedenti:
“In circostanze sfavorevoli invece, quando la figura predominante è quella della parte “cattiva” risulta necessaria una prova nella realtà, ed essa sceglierà come suo compagno un sadico, in questo caso la prova è intesa come condizione per conoscere il danno che le verrà inflitto dal compagno attraverso l’atto sessuale”.[10]

Secondo il dottor Antonio Imbasciati l’interpretazione è che dagli eventi succedutesi, (anche in fase di sviluppo infatti parla di esperienze avute nell’infanzia o prima adolescenza) temendo che nell’atto sessuale o nella relazione vi  sia qualcosa di distruttivo ed essendo inconsapevole della sua carica negativa interiore, perché il timore è riferito alle fantasie inconsce, per esorcizzarlo sceglie di provare realmente questa condizione. Come se la manifesta prova della sua natura portasse a dire: “Vedendo quello che è realmente più cattivo di così non può essere” una sorta di controllo dell’angoscia che rendendola tangibile diminuisce, una sorta di smentita del danno, dove però la soluzione non è mai definitiva e si ripetono sempre gli stessi schemi.[9] Ovviamente vi si riferisce non solo quando è palese come nel caso del sadomasochismo, ma in tutti i tipi di relazioni dove si vive un disagio e si cercano strutture sempre più complicate, riferendosi anche a situazioni in cui il compagno o la compagna vessa costantemente, cerca il controllo su ogni aspetto della vita, sminuisce le capacità, relega in casa, oppure si scelgono compagni già impegnati, che  non potranno mai “appartenere” del tutto se è quello che si desidera  ma verso cui si rifugge.

Hanno formato una sorta d’impronta che calpestano costantemente per avere la conferma della loro visione del “pene cattivo” e della successiva necessità esorcizzatoria.

Restando nell'ambito della parafilia, ovvero quando non è libera espressione sessuale ma incapacità di espressione sessuale, non è facile distinguere il soggetto malato da quello sano per il semplice fatto che il soggetto si sottopone alla cura solo quando percepisce un disagio nel suo comportamento o a fronte di eventi che infrangono la legge, per questo si tende a confondere il mondo ludico da quello malato, per una difficile distinzione di base.

La psicanalista Louise Kaplan intravede nelle perversioni (cliniche ovviamente) una strategia per fronteggiare l'ansia determinata da eventi troppo umilianti, paurosi od eccitanti da essere sopportati durante la formazione dell'individuo.[18]

Secondo invece altre teorie l'eccitazione erotica in certi frangenti risiede nella sensazione di commettere peccato, o per meglio dire sovvertire l'ordine morale, la percezione soggettiva dell'azione trasgressiva da cui nasce il piacere,[11] anche se da recenti studi le pratiche sadomasochistiche più che rottura di schemi comportamentali da cui scaturisce il piacere è visto come elemento che aumenta l'intimità[12] se consensuale, arrivando a considerarsi come percorso guidato da cui apprendere alcune dinamiche sessuali disfunzionali studiando sessualità alternative.(lo psicologo Peggy Kleinplat)[13]

Non essendo uno psicologo o uno psichiatra ho avuto la fortuna di documentarmi e di averne il tempo, queste due teorizzazioni, la ricerca del sè e la realizzazione delle proprie aspettative sono molto esplicative delle due grandi tipologie di slave con cui ho interagito anche verbalmente, come ogni semplificazione ovviamente è riduttiva ma mi ha aiutato a comprendere alcune dinamiche comportamentali.

Personalmente credo che molte persone sperimentino nella propria vita anche per periodi limitati una  predisposizione, a volte inconsciamente, a volte sotto forme meno appariscenti ma ugualmente penetranti.

 Il bdsm altro non è che una forma pilotata di espressione, escludendo i rapporti continuativi 24/7 (24 ore su 24, 7 giorni su 7) che considero inattuabili e patologici, si cristallizza nel tempo e nello spazio, offrendo sia la soddisfazione che lo sfogo di un desiderio, la difficoltà maggiore dietro questa posizione più chiara e consapevole, per cui più gestibile, è il fatto che la scelta di un cattivo dominatore o inadatto alle esigenze della parte sottomessa crea più danni che benefici.

 
Sottomissione come comunicazione
Frequentemente nella mia esperienza personale uno dei comuni denominatori dei masochisti è il desiderio di abbandono, di resa totale all’altro, teoria che trova spesso collocazione nelle precedenti analisi.

Il dolore al pari del piacere rappresenta un canale per entrare in contatto con l’altro (Fairbairan, 1952) per cui al sadismo si accompagna l’idea che possa avvenire soltanto attraverso la resa totale e la sua esposizione (Mitchell, 1993) appunto per approntare il dialogo, che prende l'abbrivio dalla parte sottomessa che la invia ad un "ricevitore" che la decodifica e si comporta di conseguenza.

Ed ecco perché in alcune scuole di pensiero (Kaplan, 1996) nei rapporti sadomasochistici si ritiene che la vittima sadica detti le regole, colei che detiene il potere e che dirige le azioni di un esecutore sadico.

Questa particolare aspettativa di abbandono serve a rinforzare l’impressione che chi subisce sia impossibilitato a raggiungere la sfera emotiva altrui e si umilia o mostra sofferenza per ottenere attenzione; ed ecco che si crea il canale comunicativo.

Nella realtà però una persona insensibile e non comprensiva se non attraverso i propri bisogni è nel lungo periodo ingestibile, si ha bisogno di contatto e condivisione, è diverso dall’ interpretare un ruolo limitato nel tempo e cosciente, anche non trovandosi direttamente di fronte alla persona, di aver fatto di tutto perché fosse  comunque al sicuro e non corra rischi disinteressandosene almeno in apparenza ( fingendo di essere un carceriere o di voler interrogare, fingendo di comprare lo/la schiava…).


Il fascino del dominatore
Avendo parlato largamente della parte sottomessa non posso escludere di parlare del rapporto con quella dominante per cui altro fattore da non sottovalutare nella dinamica sono le caratteristiche ricorrenti che lo rendono accattivante. Anche nei casi estremi e patologici il sadico spesso viene definito come affascinante e manipolatorio, alla base di questa considerazione sta il fatto che contrariamente alla credulità popolare esso non sia insensibile, ma che anzi sia in grado di comprendere e di porsi in maniera osmotica, perché è inutile sottomettere se non condividendo le sensazioni con la controparte, si resta in uno stato d’insensibilità quando si usa violenza, concentrandosi sui bisogni propri restando muti a quelli altrui. 

Secondo alcune considerazioni in fondo si rispecchia nel masochista, verso cui si riconosce lo stato proprio.[15]

A meno che non si attraversino diverse fasi in cui il sadico patologico e pericoloso cerca di alienare la vera e propria vittima dai propri affetti[16], diventando pericoloso e distruttivo dimostrando un' effettiva insensibilità.

 Per fare un esempio pratico se ordinassi alla mia slave di lavarmi completamente, di asciugarmi, ed infine di vestirmi se io non comprendessi che il fatto di prendersi cura della persona che si riconosce come “padrone” è vissuta con devozione come quando ci si prende cura della persona amata, della persona che si rispetta, che si ritiene degna di essere superiore, mi starei solo facendo pulire e vestire. Alcune persone hanno bisogno di pensare che sia insensibile o fa parte delle fantasie soprattutto riguardanti limitazioni di movimento o prigionia, altra forma di limitazione e perdita di controllo

Questa particolare aspettativa caratteriale serve a rinforzare l’impressione che chi subisce sia impossibilitato a raggiungere la sfera emotiva altrui e si umilia o mostra sofferenza  appunto per ottenere attenzione; nella realtà però una persona insensibile e non comprensiva se non attraverso i propri bisogni è nel lungo periodo ingestibile, si ha bisogno di contatto e condivisione, è diverso dall’ interpretare un ruolo limitato nel tempo e cosciente, anche non trovandosi direttamente di fronte alla persona, di aver fatto di tutto perché fosse  comunque al sicuro e non corra rischi disinteressandosene almeno in apparenza ( fingendo di essere un carceriere o di voler interrogare, fingendo di comprare lo/la schiava…).

Capita a volte che questo desiderio se mal espresso o non consapevole porti la personalità masochistica a scegliere appunto partner con una scarsa capacità di proiettarsi nelle necessità non proprie.

Tipi di fascino

Quello che ho appena detto si adatta ad una miriade di comportamenti, senza dimenticare che la forma attrattiva che si esprime funziona unicamente con le persone che sono incuriosite, che sono per lo meno propense a farsi ammaliare, nasce sempre dal desiderio altrui di appartenere, infatti alla fine non è il Master a scegliere, può porsi nella maniera  adatta da rendersi attrattivo. Ci sono quelli che ti conquistano con la dolcezza, chi analizza la psiche e si propone di essere risolutivo, chi costruisce un ambiente psicologicamente rassicurante.

Umiliare

Avvilire, mortificare, far sentire qualcuno inferiore, far vergognare, far sentire a disagio. Partiamo da un presupposto il senso di vergogna o di umiliazione cambia a seconda della percezione comune, in base alla cultura, il tempo e il luogo. Poniamo ad esempio quello che succedeva spesso nei vari momenti di riunione ove erano presenti sia maschi che femmine, poteva capitare diversi lustri fa in molte zone del Paese che nel trattare argomenti come gli affari o l’onorabilità, anche chiari discorsi sessuali, si chiedesse alla donna di allontanarsi, oppure fosse costume comune che essa stessa si recasse in luoghi  attigui, pretendere questo sarebbe oggi ritenuto umiliante e non un fatto di costume.

 Come scrive Ayzard nel suo libro la differenza tra lo slave maschio e la femmina in questo sta nel fatto che nel primo caso si può far leva su una vera e propria degradazione, per la donna è più inteso come superamento dei propri tabù o situazioni imbarazzanti[14] , aggiungo io anche quando il gesto è lo stesso ma assume valenze differenti. 

Mettiamo il caso che io nel rispetto dei limiti dello psicologicamente sopportabile(che muta da soggetto a soggetto) abbia trovato una compagna curiosa nei riguardi del voyerismo, nel caso della donna fare mostra dei propri attributi sessuali ha anche una valenza conquistatoria, per l’uomo è possibile che mostrare il membro moscio ad estranei sia solo sgradevole e vergognoso. 

Nella coppia bdsm  non si avverte l’umiliazione:"io ti faccio dono di qualcosa che gli altri considerano degradante o che io pensavo fosse così, ma ti dimostro il mio affetto e la mia devozione, io di fronte a te non temo nulla”, viene in sostanza percepito come dono sacrificale al rapporto. 

Nel caso in cui subentri la percezione della mortificazione è segno che il dominante ha superato il limite dell’accettabile, magari entrambi non ne erano consci, eppure il limite esiste.

Nessuno e mai totalmente masochista, nessuno è mai totalmente sadico.

Paura di scegliere

A differenza degli uomini che sembrano riuscire a lasciarsi andare verso rapporti del genere non è infrequente trovare nelle donne o le ragazze una preoccupazione ulteriore di perdita di stima verso se stessa e/o verso il proprio compagno; questo è dovuto al fatto che l’essere sottomesse per la donna è ancora una realtà al di fuori del sistema ludico e sessuale, per cui subentra la paura di abbandonare qualcosa che si è conquistato o che viene recepito come connaturato ma che si potrebbe perdere per la propria natura femminile. 



Desideri e paure
Partendo proprio da una testimonianza sulle fantasie inespresse presa dal libro Il mio giardino segreto approfondisco il divario tra timori e ruoli sottomessi: “Qualunque cosa faccia la fantasia termina con lui che mi abbraccia e mi massaggia i muscoli doloranti, ed io che lo ringrazio, non per avermi liberata ma per avermi costretta e legata…”[17] questo piccolo spaccato è preso dalla lettera di una fervente attivista per l’uguaglianza tra i sessi che ammette un acuirsi di questi desideri da sempre presenti dal momento in cui ha abbracciato la filosofia del movimento, a parer mio dovuto dal contrasto tra quello che ritiene moralmente giusto e quello che considera sessualmente appagante, come se le due cose fossero inconciliabili, dimostrazione della difficoltà a capire la differenza che subentra dentro e fuori dal letto.


 Potrebbe essere uno scoglio insormontabile, evidentemente è un aspetto mancato della rivoluzione sessuale, la dominazione ludica era appannaggio di una ristrettissima cerchia, lottando per una propria autodeterminazione si è esclusa la scelta consapevole di appartenere.



Alla prossima dove cercherò di analizzare gli aspetti  meno conosciuti del dolore.




[1]DSM IV manuale diagnostico
[2]Pervertimenti sessuali Dot. Fabiani
[3]Sodoma e Gomorra Dot. Fabiani (testo parziale)
[4]Sodoma e Gomorra Dot. Fabiani(parte del testo sulla masturbazione)
[5]Krafft Ebing e la psicopatia sessuale
[6]Elementi di psicologia, pedagogia. sociologia, per le professioni sanitarie
[7]Elementi di psicologia( teoria di Sullivan testo parziale)
[8]Fendom: Preludio all'estinzione del maschio
[9]La donna e la bambina Psicoanalisi della femminilità
[10]Amore odio riparazione(pagina 153)
[11]La perversione sadomasochistica. L'oggetto e le teorie
[12]Studio sui cambiamenti ormonali e affinità di coppia
[13]Apprendere dalla sessualità alternativa
[14]Ayzad-bdsm guida per esploratori del sesso estremo
[15]Psicologia medica e psichiatria clinica e dinamica
[16]I Serial Killer
[17]Il mio giardino segreto
[18]Perversioni Femminili

11 commenti:

  1. Anonimo01:02

    Caro Cavaliere ,
    la lettura di questo interessante post mi ha fatto comprendere di essere assolutamente priva del senso di appartenenza e semmai molto sbilanciata verso quello del possesso .

    Non ce la posso fare ,rimango sul pianerottolo anche se chi mi invita ad entrare sia quasi irresistibile .
    Per adesso lascio il frustino al principe azzurro sul cavallo bianco .

    Grazie per gli spunti di riflessione suggeriti dal post .

    Anonima molto vaniglia

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    1. Leggere certi argomenti scrivendoli spero che aiutino appunto a capire, come nel tuo caso, anche se sono convinto che il senso di appartenenza sia presente almeno in parte in ogni rapporto affettivo.

      Ciao Anonima molto vaniglia.

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    2. Anonimo03:15

      Per quanto mi riguarda, in un rapporto di coppia mi piace che ci sia un reciproco senso di appartenenza : mi dà piacere l'idea di appartenere al mio uomo così quanto la consapevolezza che lui si consideri mio ... trovo meno stimolante l'idea di possedere qualcuno o che qualcuno pensi di avere il mio possesso (anche se poi godo nel sentirmi sussurrare "sei mia, mia, mia)

      Reminiscence

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    3. Ti assicuro che a volte si crea il reciproco senso di appartenenza, ecco perché con il tempo si è istituito il "rito" del collare, dove ci si dona in esclusiva come Master e slave.

      Dipende dalle persone non dai ruoli ^_^

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    4. Anonimo15:04

      Quello che volevo dire è che in un rapporto affettivo, ogni tipo di rapporto affettivo, non mi piace sentirmi oppressa dal senso di possesso dell' altro, a meno che non sia io a deciderlo.
      Il rito del collare lo trovo molto affascinante, ma nei limiti in cui sancisca un reciproco senso di appartenenza e un possesso reciprocamente scelto o comunque se limitato in un determinato contesto. Certamente ha un valore simbolico molto potente ed evoca sentimenti molto profondi.

      Reminiscence

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    5. Ciao Reminiscenze,
      solitamente il rito del collare deve essere accettato dalla parte sottomessa e riguarda esclusivamente il rapporto Top/sub, come da te espresso è solamente simbolico, ma come tutti i gesti di questo tipo ha un significato profondo.

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  2. Anonimo14:30

    Bellissimo blog...avercelo il coraggio di esprimere al compagno i propri...sogni.
    In un certo senso sono incuriosita, sconvolta e affascinata dagli argomenti che trattratti

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    1. Si inizia con la curiosità, poi...Bisogna sempre esprimerli i propri sogni se con il compagno il rapporto è consolidato, prima però ti consiglio di esplorare dentro di te quello che sogni, cerca di chiarirti cosa cerchi e poi comportati di conseguenza.

      Grazie per i complimenti.

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    2. Anonimo18:54

      Questione lunga ma in breve io conosco bene ciò che desidero, ma sono sposata a un santo....cmq nn voglio annoiarti.grz x il consiglio cmq, continuerò a seguire con piacere questa pagina

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    3. Cara "Anonimo" prego.

      Alla prossima

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  3. Anonimo02:01

    Complimenti, il blog è davvero molto molto interessante. Ti ringrazio perché in questo momento mi è molto utile per costruire il personaggio di una slave che devo interpretare in uno sspettacolo teatrale. Solo una cosa: stai attento agli errori grammaticali. Ce ne sono moltissimi.
    A.

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