martedì, maggio 11

slave bdsm






Vorrei mettere bianco su nero una delle mie migliori esperienze, quelle che ti lasciano il retrogusto zuccheroso in bocca, quelle che ti fanno dire di aver avuto una vita appagante.

Questa storia parte da un aperitivo, di quelli fruttati, da domenica mattina, stavo adocchiando una bella barista, non tanto perché volessi andarci, ma provarci per provarci, per fare un simpatico “filo” e addolcirmi la giornata, soprattutto la domenica che se non impegnato in giro diventa alquanto noiosa.

 

All’incirca è andata così, non sono le parole precise ovviamente, fatto sta che mi hai chiesto se potevi sederti, mi sei passata al fianco, ho sentito l’alone del tuo profumo vicino, sapeva di tante cose, sapeva di te.

Parliamo, del più e del meno, sfodero il mio cavallo di battaglia, quando sono rimasto bloccato con le manette  e ho chiesto alla padrona del B&B di aiutarmi a toglierle, hai riso, ridi alle mie battute.
Arriva il treno e te ne vai, con la promessa che ci saremmo rivisti a prendere l’aperitivo assieme, giorno e ora.

Ci sarei andato comunque anche perché senza la minima considerazione e con un poco di maleducazione tu parlavi e ogni tanto se possibile guardavo il culo della barista.

Ci vediamo la volta dopo, la volta dopo ancora e il copione resta lo stesso, tu parli, io ti tratto con fraterna accondiscendenza e al massimo ti passo una carezza sulla testa. Unica volta in cui sei riuscita a distrarmi inizialmente per puntare sul tuo fisico è stato quando ti sei messa i calzettoni colorati e una minigonna:
- “dove sta la gonna? Si vede solo la cinta…”,
scappellotto:
-“cretino”
sorriso:
-“cretino una mazza da qua ho visto che hai le tonsille infiammate”
-“non ti facevo così però, subito a pensare male e guardi pure”.
-“non sono io che penso male, penso hai poveri pensionati, sai quant’è che non gli si rizza? Magari gli tira sotto e si spaventano perché non si ricordano che è”

Ridi, ci scambiamo i contatti e la conversazione quel giorno dura particolarmente poco, il tuo ragazzo ti attende e s’incazza se aspetta troppo.

Parliamo per tanto tempo, forse avrei dovuto pensare “altro”, anche perché iniziavi a parlare dei tuoi problemi con il moroso, stavo diventando l’amico, non l’amante.
Ricordo ancora quando cambio tutto, il giorno dopo aver preso la macchina ed averti accompagnata con l'autobus a Roma, parliamo fitto fitto, di tutto e di niente, arrivi a darmi una carezza sulla guancia, un gesto dolce, e quella mano chissà perché bruciava tanto; mi chiedi di venire, di stare con voi, scuoto la testa e ti dico che ho altri impegni, anche se poi  il pomeriggio  continuo a passare la mano dove mi hai toccato.

Arrivi a darmi il tuo numero di cellulare, è sempre più difficile incontrarti, perché iniziava a fare sempre più caldo e non mi trovavo solo di fronte al tuo sorriso disarmante, dovevo tenere conto del tuo seno sempre più visibile, delle tue cosce che si sfregano, delle tue braccia nude e non volevo passare come il solito porco che guarda dove non dovrebbe, ma con te è difficile, come è difficile non saltarti addosso ogni volta che ti vedo.

Parliamo al cellulare e alla fine con voce affranta mi dici:
-Sono stanca del mio Master, ci litigo in continuazione, non ce la faccio più è un immaturo.

Neppure mi avessero dato una cazzottata sullo sterno, rimango a bocca aperta e senza fiato.

Ho provato un dolore fisico nel sapere che facevi certe cose e non le facevi con me, una presa al petto.
Solo via msn sono riuscito a dirtelo, mi hai chiesto se era vero che ero così dolce o tutto questo tempo ti avevo presa in giro.

La mano è andata veramente sul cuore, auto-rassicurazione la chiamano, quando ci si spaventa ci si tocca il petto per darsi sicurezza:
-certo, io sono io.
- Non lo so, mi viene da piangere, non me lo aspettavo da te.
- Non piangere sciapa.
- Sciapa?
- Sciocchina, significa sciocchina.
- Mi piace come me lo dici.

Queste non sono riuscito a dimenticarle. Raggomitolato contro lo schienale della macchina mi faccio piccolo, mi accendo un sigaro, forse mi fermo a guardare i colori del fumo che si spandono, forse ti parlo, mi sento al sicuro, alla fine mi viene naturale chiederti se accetti, appena te lo chiedo una lunga boccata che diventa azzurra se esce dalla parte accesa del sigaro, esce bianca dalla mia bocca e copiosa, si spande diventando gialla tenue, mi sono sempre chiesto come mai. Mi dici che va bene e mi viene da sorridere, poi come se avessi qualcosa nella voce, è gioia, innegabilmente gioia, sembri Wendy dell’isola che non c'è, felice e un poco bimba con la saggezza atavica di una donna, seria e materna quando serve.

La prima bugia che mi dici arriva subito dopo, dici di lasciare subito il tuo Master, non è vero, lo ammetterai qualche settimana dopo, non eri sicura che io fossi adatto è hai aspettato di vedere se lo fossi, poco male, lo capisco e ti perdono nel momento stesso in cui lo ammetti.

Piccoli comandi al cellulare, piccoli ordini dati a una schiava del sesso, il mio, infilati la penna girarla, metterne due su per il sedere, masturbati, fotografati, se ti comporti male uno schiocco che mi fa capire che ti stai prendendo a schiaffi tra le gambe.

Ogni tanto usciamo, quando possiamo, ci capita di litigare anche. La fiera del libro, particolarmente petulante e rompicoglioni sbuffi tutto il tempo, mi sento punto nel vivo e inizio a diventare scostante, dici la prima frase che mi ferisce, che forse era meglio stare con M…, non ci vedo più dalla rabbia, prendo la macchina, le chiavi e ti dico che sei una merda, che ti lascio lì.

Giro un pochino e proprio mentre sto per tornare indietro perché sono un gran figlio di buona donna, ma prima di lasciarti ai tuoi miseri giochi da stronza devo pur riaccompagnarti a casa, ed è lì che mi telefoni, le cose più importanti ce le siamo dette per telefono.

Dici che mi ami, e che non dovresti, che è una stronzata.
Allora te lo sparo anche io.

-Anche io ti amo, è tutto un casino ma ti amo.

A ripensarci adesso pare proprio come hai detto tu, una stronzata, perché ci siamo solo baciati e mi sento come un adolescente alle prime armi. Sarà l' amore, sarà che con te torno indietro.

La nostra prima volta non mi concedo, non lo faccio mai la prima volta, ti lascio in bilico facendoti provare tanti orgasmi ma non completamente. Perdi il controllo e mi ti butti addosso guardandomi negli occhi e dicendomi:

-Mi piace il cazzo, voglio scoparti.

Era tanto che ti tenevo sul filo, veramente tanto a forza di dita e leccate, però continuo il gioco, serro la mascella e ti prendo il viso, lo stringo un poco.

-Tu Troietta il mio cazzo neppure meriti di guardarlo, dici di avere esperienza, di essere una slave, non è vero, confronto a me sei NIENTE, ti dovrò istruire per bene fino a che non diventerai la mia docile cagna in calore.

Il tono della voce è duro, lo sguardo anche. Se mi sbaglio ti brillano gli occhi, ci vedo un fuoco dentro.

Poi il resto non conta, era una storia storta ormai sbiadita, sei tra i dolci ricordi ma ormai sei il passato. Per un poco ho pensato che bastasse e potesse consolarmi, adesso ho capito che non basta mai, e spero d'incontrare di nuovo qualcuna che ti somiglia.

Ogni tanto ricordo quanto erano belli i tuoi polsi bianchi tra le manette con le braccia alzate e bloccate dalla testiera del letto. 





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