giovedì, luglio 19

Salò o le 120 giornate di Sodoma



Nel penultimo articolo estivo mi voglio cimentare in una personale analisi di un film unico nel suo genere, la disanima di un altro aspetto del rapporto potere-sessualità-prevaricazione, osservato dal  punto di vista di Pasolini.

Questo film si concentra su due aspetti, l’autorità che spersonalizza e cancella l’identità, il neo-consumismo come livella verso il basso.

In questo film, uno dei più controversi della storia del cinema, prende spunto sia dall’inferno di Dante, suddividendo il film in gironi che portano a scavare verso il basso della bestialità, oltre che dall’opera di De Sade Le centoventi giornate di Sodoma.







Cercherò di aggiungere qualche considerazione personale anche se è difficile cavare qualcosa di nuovo da una pellicola tanto discussa, diciamo subito che alla prima superficiale lettura è vomitevole, oscena, inutilmente violenta, sconsigliabile da vedere.
Pasolini e le centoventi giornate di sodoma

Nell’intervista Pasolini altro non fa che ribadire la bestialità della vita “moderna” che come ogni forma di totalitarismo cattura, macina e poverizza ogni individualità, rendendo l’essere umano stesso merce, concetto che ribadisce nel film attraverso il sadomasochismo.

Come De Sade sceglie forme estreme e dirette di violenza per raffigurare l’autorità che distrugge e prevarica anche attraverso il capriccio dei detentori che soddisfano voglie sfrenate, con gli stessi effetti, le immagini sono così sconvolgenti e piene di rimandi simbolici che nasconde il messaggio di fondo, il potere per vivere deve distruggere.

Nelle prime scene si vedono i tre uomini che incarnano i poteri sociali( Nobiliare, Giudiziario, Economico) sposarsi con le figlie l’un dell’altro, simbolo della creazione della “casta” che tende a chiudersi in intrecci di parentele e conoscenze tra le alte sfere, mogli che poi verranno utilizzate come servitrici durante la detenzione in una dimora dove si consumeranno le atrocità.

Altro momento altamente simbolico è quello in cui una volta rinchiusi ai giovani sapientemente scelti viene spiegato quali siano le regole che non possono essere infrante; la soddisfazione dei desideri dei tre devono essere soddisfatti senza tentennamenti o reticenze, segno dell’inflessibilità del sistema, nessuno deve essere colto in “flagrante delitto con una donna” e non devono essere espresse forme di devozione religiosa. Curioso come il flagrante delitto di cui si parla altro non è che l’amore, non il sesso, consumato senza reticenze o sentimento e ricercato dai carcerieri, ma quell’atto di dono del proprio corpo per gioire ed unirsi all’altro, punito poi con l’amputazione di una parte del corpo.

Per devozione religiosa s’intende la fede spicciola, quella del credente che si rivolge ad una entità superiore per vera fede, che permette di superare le difficoltà con la speranza, senza paramenti o officianti, liturgie e mitre, punibile con la morte. La dimostrazione degli effetti di tale delitto vengono mostrati nel primo “girone” quello delle Manie, dove una giovane scoperta a pregare viene trovata sgozzata al centro della sala perché dedita alla preghiera.

Nel girone della Merda l’allegoria s’incentra tutto sul consumo e l’ingestione consapevole di merda, ovvero il prodotto delle masse, costrette a “fabbricare” sterco in serie e nutrirsene, la differenza è che mentre i capibastone restano indifferenti a quello che ingurgitano, perché espressione del loro desiderio di creazione di prodotti scadenti, i ragazzi soffrono di tale condizione. Da notare che in questo spezzone nonostante gli attori fossero consci di mangiare cioccolata una delle interpreti di fronte a scene così forti vomitò sul set.

Il girone del sangue è la parte che prelude il finale, la nota che più mi preme sottolineare è lo sposalizio tra i tre uomini-autorità vestiti come prostitute di altri tempi e dei ragazzi in divisa che simboleggiano le forze armate, da una parte si sottolinea il connubio necessario tra queste due realtà, dall’altra la figura religiosa del Monsignore (potere religioso) che officia il rito dimostra la sua figura altamente iconoclastica, si presenta bardato con una serie di simboli slegati tra di loro mentre sposa ritualmente le parti in maniera pomposa ma vuota di vero significato se non la rappresentazione stessa del potere che viene congiunto.

Prima di arrivare al finale due piccoli appunti.

Lo stesso Pasolini ammette intervistato che decise di rendere più impersonali possibili le vittime, perché se lo spettatore si fosse riconosciuto troppo in esse la visione del film sarebbe diventata impossibile.
Nella scelta degli interni completamente ricostruiti due particolarità saltano all’occhio, alcuni ambienti sobriamente eleganti ricordano nella loro colorazione e asetticità ospedali, mentre in altre stanze il colore marrone rende tutto più “caldo”.

Per il finale vennero girate alcune scene diversissime, alcune atte a stemperare mostrando il lato fasullo della vicenda, venne scelta alla fine quella più inspiegabile ma più simbolica; durante l’atto finale in cui o ci si suicida o si viene uccisi in maniera orrenda due “servi sciocchi” ballano scambiandosi una serie di battute apparentemente senza senso:
« - Come si chiama il tuo ragazzo?
- Margherita. »

Secondo il mio modesto parere la scelta di Pasolini è quella di citare il quinto potere, il “servo” inteso come servizio, per meglio dire strumento, che procede spensierato, la massoneria, che inizialmente comunicava attraverso simboli per veicolare la propria presenza, ed uno di questi è appunto la margherita.

Per il resto se volete approfondire alcuni aspetti del film CHE VI SCONSIGLIO DI GUARDARE, potete farlo QUI.

Ovviamente fu oggetto di censura alla prima visualizzazione in Italia, data la sua collocazione temporale alla fine del dominio nazi-fascista a Salò alcuni ritengono che la morte di Pasolini sia attribuibile a frange di estrema destra offese da tale rappresentazione; altri sostengono che avvisato del ritrovamento delle bobine originali sul Lido di Ostia, precedentemente rubate in circostanze poco chiare, sia stato raggirato con tale esca per attirarlo nell’ imboscata in cui avrebbe trovato la morte.

2 commenti:

  1. sicuramente il film più angosciante che abbia mai visto...
    lo vidi una notte quando avevo 21 anni e, una volta finito, alle 4 di mattina bussai alla porta del mio compagno di appartamento in cerca di una coccola per riappacificarmi con l'umanità...

    hai ragione, per quanto simbolico e culturalmente interessante, sconsiglio anch'io di guardarlo...

    il male dentro l'uomo è indomabile

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  2. ...la muta...@ Unico nel suo genere effettivamente, il primo film fatto per non essere guardato.

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