lunedì, agosto 4

Quando l’istinto vince sulla ragione



C’è una storia che mi piace molto, un racconto molto famoso di cui si ignora l’origine che fu falsamente attribuita a Esopo e della quale si trovano varianti anche in Asia minore e in India, ma con finali diversi. Dato che alcuni sostengono che questa versione sia in voga dalla metà del Novecento e inoltre è frequentemente citata in film, canzoni e scritti vari, sospetto che sia molto più recente, in un certo senso è figlia del suo tempo, dell’esistenzialismo e delle profonde incertezze di quegli anni dove un’Europa distrutta ritrovava e ricostruiva i suoi pezzi così come si determinava in una nuova identità sociale e psichica.





Proprio in quegli anni si è venuto a creare uno scollamento tra una comunità sociale con regole tutto sommato rassicuranti e un uomo sempre più spinto verso l’individualismo e schiacciato dalle nevrosi per non riuscire più a ritrovare un equilibrio tra sistema sociale e psiche.
Se la devianza era lo discostamento dalla normalità, adesso la devianza è divenuta normalità. Siamo una società sofferente per gli effetti che essa stessa ha portato ai suoi individui. Siamo devianza catalogata e ormai ogni singolo stato mentale o emozione è definita come morbosa o patologica.
Ma torniamo alla nostra favola…
La sua eccezionalità è proprio nel finale che presenta una morale inversa, non offre insegnamenti o moniti, semplicemente si arrende di fronte alle incomprensioni che guidano spesso l’agire umano.
Quante volte pur sapendo che un’azione da noi commessa potrebbe anche solo indirettamente creare sofferenza ad un altro viene ugualmente messa in atto?

"Una rana stava serenamente sguazzando in un fiume quando ad una sponda si avvicinò uno scorpione. "Devo passare dall'altra parte" disse "ma non so come fare, io non so nuotare e se provo affogherò. Tu potresti aiutarmi trasportandomi sul tuo dorso, te ne sarei molto grato". La rana perplessa rispose: "Ma se io ti lascio salire sul mio dorso tu potresti pungermi ed uccidermi!". Lo scorpione rassicurò la rana: "Non ti preoccupare, perchè dovrei farlo, se ti pungessi morirei anch'io perchè affogheremmo entrambi nel fondo". La rana si sentì rassicurata dalle spiegazioni dello scorpione e lo fece salire. Quando furono a metà del fiume, lo scorpione punse la rana. La rana stupita dal gesto dello scorpione mentre stava affondando insieme a lui trovò la forza di chiedergli: "Ma perchè l'hai fatto adesso moriremo entrambi?" Lo scorpione rispose "Non ho potuto farne a meno, questa è la mia natura".

Se da una superficiale lettura il senso di questa favola può essere legato all’impossibilità di avere fiducia nell’altro, ad una chiusura rispetto le sue opportunità di cambiamento e ad una naturale azione di rifiuto  per preservarsi la mia interpretazione personale entra nel profondo dell’animo umano e trova come soggetto primario sui cui prestare la propria attenzione non l’agire “deviato e distruttivo” dello scorpione, ma l’atteggiamento ingenuo e autodistruttivo della rana.

Lo scorpione rappresenta il nostro agire istintivo che spesso si trova in collusione con la rappresentazione e le aspettative che gli altri hanno di noi stessi. Rappresenta la “devianza” ed un’agire che essendo difforme da quanto la società ha stabilito provoca una frattura autodistruttiva.
La rana rappresenta l’incapacità di preservare il proprio sé rispetto l’esterno, la mancanza dell’autostima che produce l’illusione che debbano essere sempre gli altri a cambiare contribuendo alla chiusura della sua autoconsapevolezza e delle sue risorse interne.
Il fiume è la vita, la relazione, la condivisione, il passaggio, la reciprocità.

Queste riflessioni nascono da esperienze personali, sono stata rana e sono stata scorpione.
Mi sono fidata dello scorpione e sono stata punta, ma non a tradimento, lo scorpione è così e quella è la sua natura, sono stata io ad illudermi che potesse cambiare, sono stata io ad autoalimentare un finale che non poteva essere diverso da quello.
Non posso pretendere che lo scorpione reprima un istinto solo perché potrebbe procurarmi dolore, sono io che devo preservarmi dalla sofferenza della mia illusione ed accettare lo scorpione per quello che è. La rana poteva cercare di crearsi una corazza protettiva, un diversivo per preservarsi, oppure poteva stare nella stessa sponda con la giusta distanza o ancora poteva scegliere di attraversare il fiume da sola, decidere che non aveva alcun interesse a stare vicino allo scorpione.
Possiamo allo stesso modo decidere di accettare le persone per come sono, non pretendendo un cambiamento, decidere che anche se sappiamo che alcuni atteggiamenti possono potenzialmente nuocerci abbiamo consapevolezza della nostra forza per non essere danneggiati.
Il male maggiore è l’illusione, ci disarma, riduce le nostre capacità di autodifesa perché si basa sull’agire dell’altro non sulla nostra capacità di accettare la verità che gli altri sono gli altri e come tali vanno accolti, nel bene e nel male. Possiamo decidere che non ne vale la pena e sospendere un rapporto, che sia  di amicizia o di amore, perché non corrisponde a quanto cerchiamo. Oppure possiamo decidere empaticamente di accogliere la sua natura, anche se non ci piace.
Allora possiamo anche decidere di portare lo scorpione, ma sapendo che potrà pungerci prenderemo le giuste precauzioni e non alimenteremo false illusioni. Raccoglieremo una bella foglia e ci faremo adagiare lo scorpione portandolo a riva.

Sono stata rana e adesso sono una rana diversa, accetto alter per come è e so difendermi dalla mia tentazione di vederlo diverso, di plasmarlo come vorrei. Alter è così e basta. Anche se non capisco alcuni atteggiamenti, anche se sembrano distruttivi perché possono mettere a rischio i rapporti. Ho imparato ad accettare che l’agire umano spesso sfugge alla razionalità e alle regole sociali, spesso l’agire è puro istinto. E in questo modo ho smesso di illudermi e soffrire.
Sono stata anche scorpione perché ho provato tante volte a convincere la rana che non l’avrei punta, per poi inevitabilmente crearle danno e crearne a me, perché la sua sofferenza diventa la mia sofferenza.

Ora sono uno scorpione diverso, alla rana direi la verità “non posso garantirti che non ti pungerò, è la mia natura”. Sarà la rana a decidere se correre il rischio, prendere una grossa foglia, se rimanere con me sulla sponda oppure andarsene da sola dall’altra parte del fiume. E io potrò solo accettare la sua decisione con la certezza di non averle creato alcun dolore.


10 commenti:

  1. interessante. molto interessante sopratutto per l'aspetto espositivo. :)

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  2. Grazie Mastro de Sade
    il mio ego apprezza sempre i complimenti ;-)

    sorrisi lunari )))

    SdB

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  3. Mi eri venuto in mente...;-))

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    1. :-))) potrei anche fare la battuta allora dolci pensieri.


      Ciao Orsa, non ho smesso di seguirti e...Buona fortuna.

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  4. Anonimo09:53

    Questa favola la conosco fin da piccina.. E posso dire che nella vita bisogna scegliere se essere quel che si è oppure contronatura.. A volte è più difficile accettarsi che mascherarsi!!! Io per natura mi sento uno scorpione perché ho paura di soffrire ma vorrei essere come la rana che non ha avuto paura di fidarsi anche se ne ha pagato le conseguenze... Dolci baci G..

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  5. G. Stregatta sta dando una sua interpretazione della "favola" per questo mi guardo bene dall 'intervenire ma non c'è alcun coraggio, è solo una giustificazione, raffazzonata e pressappochista.

    Baci e schicchi di frusta.

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  6. Anonimo14:08

    :-o Bello, ma io non mi vedo tanto come lo scorpione. Cioè so che posso pungere, che ho un'istinto forte... però ho anche una personalità controllante, controllata e tendente all'educazione del prossimo. Quindi potrei pungere la Rana solo se dopo essermi scervellata arrivo alla conclusione che a fini didattici vale la pena il sacrificio di entrambi X-D

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    1. La regolazione e il controllo dell'istinto non sono sempre possibili e non per tutti. Spesso si decide di reprimere per convenzione sociale, ma fino ad un certo punto perché poi di fronte alla tentazione che richiama la nostra natura spesso non si riesce a resistere. Nella mia interpretazione l'assunto di base è l'accettazione dell'altro decostruendo la falsa illusione che possa essere come noi vorremmo. Il rispetto nei confronti dell'altro sta invece nell'accettare il proprio limite e rappresentarsi per come si è realmente evitando quindi di alimentare le false illusioni che l'altro ha riposto. Si tratterebbe in fine dei conti di una relazione basata sulla trasparenza e la lealtà.


      baci lunari ))))

      SdB

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  7. Anonimo23:17

    Sapete, questa storia è stata una tra le prime cose che il mio Padrone mi ha detto/consigliato di leggere... e solo ora riesco a comprenderne il senso. Qualunque cosa tu possa promettere o sforzarti di fare che sia contrario alla tua natura finirà sempre col sopperire a ciò che si è veramente.
    Non si può farne a meno. Buone vacanze, in ritardo :-)

    I.

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    1. Anche a te I. Buon tutto e baci, con schiocchi di frusta annessi.

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